La fame e l'abbondanza - Storia dell'alimentazione in Europa di Massimo Montanari
Montanari pratica da anni una storia dell'alimentazione "in stretta sintonia con le 'altre' storie... proprio in virtù della sua centralità esistenziale". best replica watches Qui la diacronia del tema lo ha condotto al rifiuto radicale delle periodizzazioni consolidate: in particolare al virtuosismo di non usare mai la parola "medioevo" che pur corrisponde ai suoi studi. Sono protagonisti i secoli, convenzionali anch'essi ma meno caricati di stratificazioni di significato: dal IV all'XI secolo il pane e le bevande alcoliche sono cibi-doni della divinità e la carne ("dei forti") diventa "il valore alimentare per eccellenza" di una cultura dominata dalla componente militare germanica. L'alternativa (culturale e sociale) fra "abbuffata e digiuno" si propone anche dopo l'XI secolo, cioè da quando l'attività venatoria si circoscrive e "l'economia europea assume un carattere sempre più spiccatamente agricolo". I potenti stabiliscono le regole di sfruttamento della natura, ma suggeriscono anche stili di vita: il "mangiare bene" si affianca e comincia faticosamente a sostituirsi al "mangiare molto" solo a partire dal secolo XIII. Ma sono modelli ostici per chi vive i grandi ritorni della fame dei secoli successivi: l'"abbondanza dei poveri" continua a essere valore connotante di un'Europa affamata, anche se risulta "carnivora" per esigenze prevalentemente di 'status'. Le grandi competenze dell'autore in tema di cereali intervengono nelle pagine sugli scambi di prodotti e di usi alimentari successivi alla scoperta dell'America. Dopo il XV secolo notiamo mutamenti del gusto - la crisi del dolce nei condimenti - e affermazioni di cibi "di riempimento" (pasta, patate). Sono più sommarie le venti pagine finali che sotto il titolo "La rivoluzione" ci illustrano in realtà trasformazioni lente, rivoluzionarie solo là e quando le tecniche di conservazione consentono di "sconfiggere delle stagioni" ben più di quanto potessero fare gli uomini del passato. In chiusura del libro scopriamo che l'uomo non è ancora riuscito a raggiungere un obiettivo: la serenità nel rapporto con il cibo. Il nuovo 'fear of obesity' è infatti speculare rispetto alla fisica paura della fame.
Ed. Lateza
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